Sospensione termini feriali nelle cause di mantenimento di coniuge e figli: il dialogo tra le Corti
A seguito del rigetto della Corte d’Appello di Napoli, parte ricorrente si rivolgeva alla Corte di Cassazione per una pronuncia in merito alla legittimità della cessazione dell’obbligo di mantenimento delle figlie maggiorenni e non più residenti con la madre a carico dell’ex coniuge.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria del 14 settembre 2023, è tornata ad esaminare la questione se la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale fosse applicabile nel procedimento di revisione del contributo al mantenimento dei figli, considerando che la normativa di riferimento sottrae alla sospensione feriale le “cause civili relative ad alimenti”.
La Corte rileva che secondo un consolidato orientamento della propria giurisprudenza (v. Cass. 8417/200; Cass. 8567/1991; Cass. 2050/1988), al procedimento di revisione del contributo di mantenimento dei figli è applicabile la disciplina sulla sospensione dei termini in quanto il diritto dei figli al mantenimento da parte dei genitori, anche dopo la separazione o il divorzio, non ha natura alimentare né è ad essa assimilabile. Allo stesso modo, questa giurisprudenza (v. Cass. 4456/1995; Cass. 2731/1997), ha ritenuto che l’assegno divorzile in tutte le sue componenti non possa essere equiparato all’assegno alimentare, essendo diverse la natura e le finalità dei due tipi di assegno, cosicchè non è dato, in mancanza di esplicazioni normative distinte, equiparare le relative controversie.
All’orientamento citato se ne contrappone un altro, inaugurato dall’ordinanza n. 18044/2023 della Corte di Cassazione che afferma “in tema di obbligazioni alimentari …. Nelle cause in materia di mantenimento del coniuge debole e dei minori non è più applicabile la sospensione feriale dei termini processuali, di cui agli artt 1 e 3 L. 742 del 1969; tali cause sono ormai tutte assimilabili a quelle in materia di alimenti, per definizione urgenti e non soggette a pause processuali obbligatorie; ove pertanto si controverta di siffatte obbligazioni, la sospensione dei termini non si applica parimenti ai casi in cui la causa comprenda, in connessione, anche altre questioni familiari o riguardanti i minori, pur se non espressamente contemplate dall’art 92 Decreto Regio n. 12 del 1941”.
Il mutamento di indirizzo trova argomento nella normativa pandemica (art 83 del D.L. 18 del 2020) ma propone una lettura di questa norma di diritto interno asseritamente imposta dal Regolamento CE n. 4/2009, in forza di quanto stabilito dal Considerando 11.
Conseguentemente, viene disposta la rimessione della questione alle Sezioni Unite poiché il mutamento (repentino) di prospettiva giurisprudenziale investe un profilo di massima di particolare importanza, che si presta ad avere ricadute su un numero indeterminato di controversie familiari.
Deve essere rimessa alle Sezioni Unite anche la valutazione del profilo di compatibilità o meno dell’orientamento interpretativo di diritto interno tradizionalmente adottato col diritto comunitario, ove quell’orientamento si intenda mantenere.
In particolare, i quesiti formulati sono due e, cioè:
“ se, ferma la differenza di diritto interno tra l’istituto degli “alimenti” e la funzione anche lata di “obbligazione alimentare”, sia possibile ipotizzare una loro convergenza all’interno di una complessiva nozione di obbligazioni alimentari nell’ambito del diritto di famiglia e, in particolare, se una simile operazione sia condivisibile ai fini del regime della sospensione dei termini processuali;
se l’orientamento interpretativo di diritto interno adottato tradizionalmente da questa Corte, ove si reputi opportuno il suo mantenimento, sia compatibile con il diritto comunitario e, in particolare, con il contenuto del Regolamento CE n. 4/2009”.
Vedremo quale sarà la soluzione che verrà data dalle Sezioni Unite.