Risarcimento per la perdita o la morte dell’animale d’affezione

Per gli amanti degli animali il cammino verso una tutela completa dei loro amici a quattro zampe è ancora lungo. Ciò non toglie che sono stati compiuti indubbiamente passi in avanti rispetto a un non lontanissimo passato.

1.l’evoluzione giurisprudenziale sul tema

Le sentenze gemelle del 2008 della Cassazione (n. 26972-5/2008) sostanzialmente negavano la rilevanza del rapporto “uomo-animale” per cui, nel caso di perdita dell’animale causata dalla condotta di un terzo, non vi sarebbe stato spazio per alcuna risarcibilità. In termini si legge nella sentenza 26972 del 2008 “Palesemente non meritevoli dalla tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità. Non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici. Al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale. In tal senso, per difetto dell'ingiustizia costituzionalmente qualificata, è stato correttamente negato il risarcimento ad una persona che si affermava "stressata" per effetto dell'istallazione di un lampione a ridosso del proprio appartamento per la compromissione della serenità e sicurezza, sul rilievo che i menzionati interessi non sono presidiati da diritti di rango costituzionale (sent. n. 3284/2008). E per eguale ragione non è stato ammesso a risarcimento il pregiudizio sofferto per la perdita di un animale (un cavallo da corsa) incidendo la lesione su un rapporto, tra l'uomo e l'animale, privo, nell'attuale assetto dell'ordinamento, di copertura costituzionale (sent. n. 14846/2007)”.

Oggi, però, sia la normativa (sovranazionale e nazionale), sia la giurisprudenza di merito hanno preso maggior contezza del ruolo degli animali nella vita dell’uomo.

In questi termini, si pensi alla normativa introdotta nel codice penale nel  nuovo titolo IXbis sui delitti contro il sentimento per gli animali (artt 544 bis ss).

La giurisprudenza, dal canto suo, sembra iniziare a mutare orientamento.

La giurisprudenza di merito, infatti, ha affermato che il rapporto d’affezione con l’animale domestico assume un valore sociale tale da elevarlo al rango di diritto inviolabile della persona umana ai sensi degli artt 2, 32 e 42 Cost. In questa prospettiva, il rapporto tra padrone e animale d’affezione è stato riconosciuto come “espressione di una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale e, quindi, come vero e proprio bene della persona, tutelato dall’art 2 Cost” (Trib. Venezia 17.12.2020, n. 1936).

Anche il Tribunale di Brescia, con sentenza n. 2841 del 2019, ha riconosciuto che “Il dolore per la perdita del proprio cane … che va a ledere la sfera emotiva del padrone, costituisce un danno che va risarcito, come affermato dalla giurisprudenza sul punto che rileva come sia “…rafforzato nella visione della comunità il bisogno di tutela di un legame che è diventato più forte tra cane e padrone, cosicchè non possa considerarsi  come futile la perdita dell’animale e, in determinate condizioni, quando il legame affettivo è particolarmente intenso così da far ritenere che la perdita vada a ledere la sfera emotivo-interiore del o dei padroni, il danno vada risarcito”, il danno derivante da perdita da animale da compagnia è risarcibile, posto che “il rapporto tra padrone e animale d’affezione può essere considerato espressione di una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale e quindi come vero e proprio bene della persona, tutelata dall’art 2 Cost. (Trib di Arezzo n. 940/2017). E’ stato riconosciuto inoltre il risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita dell’animale d’affezione anche in assenza di condotte costituenti reato, proprio valorizzando il particolare rapporto che si instaura tra essere umano ed animali domestici che non può essere paragonato a quello con una cosa, trattandosi di una relazione con esseri viventi e che si inserisce tra quelle attività realizzatrice della persona che la Carta costituzionale tutela all’art 2 (Trib. Vicenza n. 24/2017).

Precedentemente si è analogamente affermato che “ .. le sentenze gemelle della Suprema Corte a sezioni unite del 2008 nel delineare la responsabilità per i danni non patrimoniali espressamente prevedono: “la tutela non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma (…) deve ritenersi consentito all’interprete rinvenire nel complesso sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano non genericamente rilevanti per l’ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana”. E’ indubbio che, rispetto a dieci anni fa, si sia rafforzato nella visione della comunità il bisogno di tutela di un legame che è diventato più forte tra cane e padrone, cosicchè non possa considerarsi come futile la perdita dell’animale e, in determinate condizioni, quando il legame affettivo è particolarmente intenso così da far ritenere che la perdita vada a ledere la sfera emotivo-interiore del o dei padroni, il danno vada risarcito”(Trib. Pavia 16.09.2016, n 1266).

Alla luce della citata giurisprudenza di merito, emerge una evidente apertura della giurisprudenza nel senso della risarcibilità del danno non patrimoniale nel caso di perdita del proprio animale domestico in ragione del riconoscimento del valore del rapporto tra l’uomo e il proprio animale.

2.la prova del danno e la sua liquidazione

Una volta ammessa la risarcibilità del danno per perdita dell’animale d’affezione, rimangono da definire le modalità della prova e la liquidazione.

Sotto il primo profilo, si potrebbe pensare, in ipotesi a una prova testimoniale che attesti il danno.

Quanto alla liquidazione, il criterio applicato dalle Corti che riconoscono il danno da animale d’affezione è sempre equitativo (in assenza di parametri in proposito), anche se poi esso viene declinato in modo diverso.

Così, a seconda delle circostanze (momento in cui è avvenuto il fatto; circostanze stesse dell’accaduto; durata della convivenza tra l’uomo e l’animale ecc), la liquidazione del danno potrà essere più o meno cospiqua. Comunque dovrà essere pur sempre ragionevole.

3.conclusioni

Alla luce di quanto sopra pare ragionevole concludere nel senso che è auspicabile un revirement da parte della giurisprudenza di legittimità che, sull’onda dei più recenti orientamenti normativi e della giurisprudenza di merito, riconosca il valore del rapporto intercorrente tra l’uomo e il proprio animale da compagnia. Nel frattempo, comunque, già l’orientamento della giurisprudenza di merito è cambiato manifestando una maggiore apertura nel senso detto.

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