Il matrimonio salta: gli sposi devono pagare il titolare della villa da ricevimento?

Oggi giorno i preparativi per le nozze -in alcuni casi- possono richiedere molto tempo.

Tra i primi appuntamenti, vi è quello volto alla ricerca e scelta della location in cui si svolgerà il ricevimento. Sotto questo aspetto, diverse sono le soluzioni che “il mercato addetto ai lavori” può offrire: affitto dei soli locali; affitto dei soli locali con messa in comunicazione con i vari addetti alle ulteriori prestazioni (si pensi ai fiori, al catering, musica, intrattenimento ecc cc); affitto dei locali con “all inclusive”. Le soluzioni sono le più varie e per tutti i gusti.

E’ evidente che tutto questo si intersechi con il diritto. La conclusione di un semplice contratto li locazione piuttosto che di un più complesso contratto di prestazione di servizi (che oggi si tenderà a chiamare di “wedding planner”), non può non avere ripercussioni giuridiche.

Come in ogni cosa, a tutela di entrambe le parti, è fondamentale che vi sia un contratto che vincoli e, al contempo, tuteli entrambi. In questo modo, nessuno potrà “mutare le regole del gioco” in corsa.

Ciò detto, potrebbe accadere che il matrimonio salti a causa della volontà delle parti (che non vogliono più addivenire a nozze) o a causa di un evento di forza maggiore (come è stato il coronavirus, relativamente al quale è intervenuta una normativa specifica; potrebbe essere un grave lutto di un familiare oppure una malattia di uno degli sposi che impedisce lo svolgimento della celebrazione).

Laddove l’annullamento delle nozze derivi dalla volontà delle parti, occorre ricordare che nel diritto di famiglia (e, in particolare nel diritto matrimoniale) vige un principio fondamentale e, cioè, la libertà delle parti fino al momento della celebrazione delle nozze: nessuno può imporre ai due nubendi di sposarsi, deve essere un atto di assoluta libertà e personalissimo. La promessa non obbliga a contrarre il matrimonio né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di mancato adempimento (come pagare una penale o un indennizzo all’altra parte): art 79 c.c. Un tale principio va, ovviamente, bilanciato con i vari controinteressi compresenti. Così, se la promessa è fatta per iscritto, da persona maggiorenne d’età o da minore ammesso a contrarre matrimonio o se risulta dalle pubblicazioni, il promittente, qualora senza giusto motivo ricusi successivamente di contrarre le nozze o dia con la propria colpa giusto motivo al rifiuto dell’altro, è tenuto al risarcimento dei danni: art 81 c.c. Questi sono limitati alle spese fatte e alle obbligazioni sostenute a causa di quella promessa (per esempio: acquisto di mobili o preparativi della cerimonia nuziale).

Conseguentemente, nell’ipotesi in cui vi sia una promessa scritta o si sia arrivati già alle pubblicazioni e il promittente, senza giusto motivo, rifiuti di contrarre le nozze o dia con propria colpa un giusto motivo al rifiuto dell’altra parte, è tenuto al risarcimento dei danni (rectius: al rimborso delle spese sostenute per le nozze, tra cui il ricevimento, il fotografo, i fiori ecc). Restano esclusi i danni morali. Quindi, il “mancato sposo” che ha causato la rottura dovrà, alle condizioni dette, accollarsi le spese (documentate) di carattere patrimoniale.

Il prestatore di servizi per eventi, comunque, potrebbe inserire nel contratto una clausola per il caso del recesso da parte degli sposi. Una tale clausola potrebbe prevedere il pagamento di una somma nel caso in cui gli sposi decidano di cambiare location. La Cassazione, con sentenza n. 9937/2019, ha ritenuto la legittimità di una tale clausola, escludendone la riconducibilità nell’alveo delle vessatorie, precisando che, il consenso è derivato da una contrattazione tra le parti. Si è trattato, nel caso di specie, “della consensuale previsione (ad esito di una puntuale trattativa individuale condotta dalle parti), di una specifica facoltà assicurata al consumatore (quella di recedere dal contratto già concluso), dietro pagamento di un corrispettivo variamente determinato in funzione dell’epoca dell’eventuale recesso, e non già, pertanto, di una clausola penale o di alcun altra forma di coazione unilaterale all’adempimento eventualmente foriera di possibili squilibri nei diritti e negli obblighi delle parti”.

Lo stesso art 1386 c.c. prevede, quale corrispettivo del recesso, la caparra penitenziale. “Se nel contrato è stipulato il diritto di recesso per una o entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso. In questo caso, il recedente perde la caparra data o deve restituire il doppio di quella ricevuta”.

Il prestatore del servizio potrà, comunque, tutelarsi con delle clausole contrattuali in modo da evitare che, più o meno in prossimità dell’evento, gli sposi recedano dal contratto. Del resto, al giorno d’oggi, i preparativi per grossi eventi quali i matrimoni richiedono lunghi tempi di preparazione (anche mesi e mesi). Conseguentemente, se il prestatore riceve disdetta a qualche mese di distanza dall’evento, la sua location rimarrà “scoperta” e il prestatore avrà perso una occasione di guadagno, subendo un danno economico di un certo rilievo. E’ del tutto comprensibile che chi gestisce questo tipo di attività regolamenti in maniera scrupolosa la propria impresa.

Conseguentemente, è ragionevole e opportuno disciplinare dettagliatamente con clausole specifiche le modalità dell’affitto della location o, comunque, le modalità della prestazione del servizio. Per evitare di incorrere nella vessatorietà delle clausole, sarà opportuno per il prestatore del servizio la massima trasparenza, chiarezza e la specifica sottoscrizione da parte del cliente di tutte quelle clausole che potrebbero essere in odore di vessatorietà: si pensi a clausole (come quella oggetto della pronuncia decisa dalla Cass. 9937/2019), frutto di trattativa individuale, che impongono al consumatore, in caso di inadempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento.

Il prestatore del servizio, inoltre, potrebbe adottare a suo favore altri strumenti quali una caparra (confirmatoria) o un acconto. I due strumenti hanno una funzione diversa in quanto il primo è espressamente previsto dalla legge (art 1385 c.c.) ed è una pattuizione volta a rafforzare il vincolo contrattuale a cui accede ed a predeterminare in maniera forfettaria l’an ed il quantum del risarcimento dei danni in caso di inadempimento. Se inadempiente è la parte che ha dato la caparra, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è viceversa la parte che l’ha ricevuta, questi dovrà versare il doppio della caparra all’altra parte che potrà recedere dal contratto, sempre fatta salva la possibilità per la parte adempiente di non beneficiare della caparra, esperendo per le vie ordinarie la domanda di risoluzione e di risarcimento danni. In entrambi i casi illustrati la caparra rappresenta una liquidazione anticipata del danno sia perché, di regola, il risarcimento dovrebbe essere pari alla caparra versata (il condizionale è d’obbligo perché il giudice può anche ex officio ridurla) sia perché dispensa il contraente in bonis dal provare il danno subito.

Si è anticipato che il prestatore del servizio potrebbe prevedere a carico della controparte il versamento di un acconto. L’acconto, a differenza della caparra, non è previsto normativamente. Esso consiste in un pagamento parziale anticipato di un dato prezzo, anticipo; ha, sostanzialmente, una funzione di garanzia, per il venditore / prestatore di servizi, della serietà e impegno del compratore. A differenza della caparra, laddove poi il vincolo contrattuale non si perfezioni, l’acconto andrà restituito.

Si è detto dell’importanza per l’organizzatore di eventi (ricevimenti di matrimoni ma non solo), di una regolamentazione tramite contratto, in modo da tutelare sé ma anche garantire, allo stesso tempo, il proprio cliente evitando equivoci.

Nel caso di annullamento delle nozze ma dovute a causa di forza maggiore, ancora più importante è la presenza di un contratto. Il prestatore di servizi per eventi dovrà prevedere, per i casi di sopravvenienze (cause di forza maggiore), le giuste tutele per sé dal momento che, verosimilmente, per la data che era stata fissata rimarrà senza ingaggio. Potrà quindi prevedere il pagamento di acconti oppure di rimborsi laddove si venga a verificare una sopravvenienza.

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