Principali profili dell’attività di estetista
Oggi giorno le persone dedicano alla cura personale molto più tempo rispetto al passato.
Proprio l’importanza che il settore dell’estetica e dell’acconciatura hanno assunto ha giustificato una normativizzazione anche di questi settori al punto che se un giurista o chi si vuole approcciare all’attività volesse cercare la normativa di riferimento, avrebbe come la sensazione di trovarsi di fronte a un insieme di norme che paiono essersi stratificate l’una sull’altra.
Per reperire la normativa di riferimento, il primo spunto (rivolto proprio ai cittadini) è dato dal sito della Regione di riferimento (per esempio, il sito della Regione Piemonte).
Con particolare riguardo all’attività di estetista, occorre rilevare che la legge di riferimento è indubbiamente la L. n. 1 del 1990, integrata dalla nota inviata a tutti i SUAP dei Comuni su affitto di poltrona/cabina (prot. 57291 del 19.06.2018).
Innanzitutto, l’esercizio dell’attività di estetista è esercitato in forma di impresa, individuale o societaria, ai sensi della normativa vigente. Non è consentito l’esercizio ai soggetti non iscritti all’albo delle imprese artigiane o nel Registro delle imprese. L’esercizio dell’attività di estetista è soggetto a SCIA ex art 19 L. 241/1990, da presentare allo sportello unico di cui all’art 38 D.L. 112/ 2008.
Quindi, in base al dato normativo, l’esercizio dell’attività di estetista è consentito solo in forma di impresa (ditta individuale o società di ogni tipo, regolarmente iscritte presso la Camera di commercio, previa segnalazione certificata di inizio attività). Non è consentito che uno studio di estetica si avvalga della collaborazione diretta, nell’ambito della propria impresa, di un soggetto autonomo esterno (professionista) non iscritto presso la Camera di Commercio, in possesso unicamente della partita iva, anche se regolarmente abilitato all’esercizio della professione.
In estrema sintesi, non esiste il “libero professionista” estetista (o acconciatore).
Il dettato normativo, in diverse norme, regola i requisiti richiesti per poter esercitare l’attività di estetista (v. art 3 L. 1/1990; art 3 L.R. 54/1992).
In linea generale, la qualificazione professionale si intende conseguita dopo l’espletamento dell’obbligo scolastico, mediante il superamento di un apposito esame teorico-pratico preceduto dallo svolgimento, alternativamente, di un corso regionale o di un periodo di attività lavorativa.
Ci si può porre un dubbio: cosa succede qualora chi sia sprovvisto della necessaria abilitazione eserciti l’attività o mestiere di estetista. Ci si domanda se tal condotta possa costituire gli estremi del reato di esercizio abusivo della professione ex art 348 c.p.
Va preliminarmente osservato che la norma penale che sanziona “l’abusivo esercizio di una professione” è norma penale di completamento, sul piano sanzionatorio, della scelta normativa di esercitare un controllo sull’esercizio di professioni che abbiano particolare rilievo per la comunità mediante un formale provvedimento di abilitazione ed iscrizione in albo/elenco che garantisca la qualità professionale del singolo esercente.
Si tratta, pertanto, di norma penale in bianco, destinata a vedere integrato il precetto con le singole discipline delle professioni.
L’interesse tutelato è quello pubblico di garanzia di controllo dell’esercizio della professione da parte di chi sia in possesso dei necessari requisiti di idoneità e di capacità.
Il reato è a condotta libera e, in quanto norma penale in bianco, l'area riservata all'esercizio di ciascuna professione protetta va individuata in base alle disposizioni integrative del precetto penale, che definiscono l'area riservata all'esercizio di determinate professioni. Si noti che, nella nuova disposizione, nel primo comma resta il termine “professione” mentre, nel secondo comma, si parla di “professione o attività”. La futura elaborazione giurisprudenziale chiarirà se a ciò corrisponda un ampliamento della nozione di professione.
Con riguardo all’ambito delle professioni, esso va individuato attraverso la clausola generale “richiesta una speciale abilitazione” di cui al co. 1: la giurisprudenza ha ritenuto di distinguere tra le professioni e le attività che tali non sono utilizzando la definizione fornita dalla Corte di Giustizia CEE nella sentenza 11 ottobre 2001 nella causa C 267/99. (“le libere professioni [...] sono le attività che presentano un pronunciato carattere intellettuale, richiedono una qualificazione di livello elevato e sono normalmente soggette a una normativa professionale precisa e rigorosa. Nell'esercizio di un'attività del genere l'elemento personale assume rilevanza particolare e presuppone una notevole autonomia nel compimento degli atti professionali”). In tale senso Cass. VI, n. 18713/2012 che, in conseguenza, escludeva che la esistenza di un albo dei soggetti abilitati alla riscossione renda l'attività di riscossione dei tributi una “professione”.
La norma sanziona l'esercizio senza abilitazione professionale, condizione che ricorre anche per chi ha il titolo di studio corrispondente ma non l'abilitazione (Cass. VI n. 14302/2014), nonché quando siano intervenuti provvedimenti sospensivi quali la sanzione disciplinare della sospensione dell'esercizio della professione (Cass. VI n. 14013/2014). Il reato è stato ritenuto commesso anche da chi, apparentemente abilitato, mancava dei requisiti sostanziali avendo ottenuto l'iscrizione all'Albo attraverso la produzione di falsa documentazione (Cass. VI n. 3785/1994).
Poiché l’attività di estetica non è considerabile libera professione secondo la definizione data dalla Corte di Giustizia CEE, si ritiene che non sia configurabile il reato di esercizio abusivo della professione nel caso di mancanza dei requisiti prescritti dalla legge.
Del resto, la L. 1/1990, all’art 12, prevede espressamente che “Nei confronti di chi esercita l’attività di estetista senza i requisiti professionali di cui all’art 3 è inflitta dall’autorità reginale competente la sanzione amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni, con le procedure di cui alla l. 689/1981.
Nei confronti di chi esercita l’attività di estetista senza l’autorizzazione comunale è inflitta, con le stesse procedure di cui al co. 1, la sanzione amministrativa da lire un milione a lire due milioni”.
In aggiunta, il regolamento regionale locale prevede delle sanzioni per le violazioni alle norme contenute nel regolamento (v. art 14 regolamento: sanzione amministrativa).
Concludendo, la qualificazione professionale di estetista si consegue dopo l’adempimento dell’obbligo scolastico, mediante il superamento di un apposito esame teorico pratico preceduto dallo svolgimento di tre iter formativi alternativi tra di loro (art 3 L. 1/1990).
Ai sensi della L. 1/1990 (art 2) e della nota inviata a tutti i SUAP dei Comuni su affitto di poltrona/ cabina (prot.: 57291 del 19.06.2018), le attività di parrucchiere o estetista devono essere esercitate solo in forma d’impresa, ditta individuale o società di ogni tipo, regolarmente iscritte presso la Camera di Commercio, previa segnalazione certificata di inizio attività.
Non è consentito l’esercizio dell’attività ai soggetti non iscritti all’Albo delle imprese artigiane di cui all’art 5 L. 443/1985 o nel Registro delle Imprese di cui all’art 8 L. 580/1993.
In estrema sintesi, non è ammissibile il libero professionista estetista o acconciatore.
La L. 1/1990 (art 7, co 2) ammette l’esercizio dell’attività di estetica all’interno delle farmacie da parte di persona in possesso della qualificazione professionale, in locale espressamente a ciò dedicato, previa segnalazione certificata di inizio attività. Che una farmacia possa dedicare uno spazio presso di sè a centro estetico (ovviamente, con il rispetto di tutta la normativa specifica di settore) è, ormai, pacifico.