Giustizia Riparativa

La Giustizia riparativa ha origini molto antiche se si considera che la storia delle pene riguarda il tentativo di riparazione dell’offesa.

A fronte dei crimini, gli Antichi reagivano o con un Sacrificio agli Dei affinché questi non cessassero di proteggere la comunità, nonostante un membro di essa l’avesse turbata profondamente commettendo un crimine o con la Vendetta che rispondeva al crimine contro un membro della famiglia o del clan con un secondo crimine compiuto dalla famiglia o clan di chi aveva subito il crimine nei confronti di un membro della famiglia o clan dell’autore del primo crimine.

Oggi il crimine rappresenta la violazione della legge, il cui rispetto garantisce la sopravvivenza pacifica della comunità, e del potere statale che la impone nell’interesse pubblico. Le pene inflitte a chi è riconosciuto colpevole “riparano” a livello di collettività. Anche la pena consistente in condotte socialmente utili comporta una riparazione riferita alla società ove il crimine ha determinato allarme.

Negli ultimi cinquant’anni la Giustizia penale riparativa risponde all’esigenza di sanare l’offesa attraverso azioni utili alla vittima.

La nascita della Giustizia riparativa moderna viene collocata all’inizio degli anni 1970, a Kitchener, cittadina al confine tra Canada e Stati Uniti, ad opera di due Educatori che proposero al Giudice che aveva condannato due ragazzini per danneggiamento di diverse abitazioni un serio programma di incontri tra i due minori e le famiglie che avevano subito i danneggiamenti e un impegno risarcitorio attraverso il lavoro.

Questo metodo inizialmente fu considerato solo una Mediazione.

Si è propagato in Nordamerica, in Australia e Nuova Zelanda; dall’inizio degli anni ’80 in Europa, in particolare, Francia ed Inghilterra. Dapprima attraverso pratiche, esperimenti e iniziative locali, senza basi normative ed investimenti istituzionali.

Un ufficio delle Nazioni Unite con sede a Milano, l’International scientific and professional advisory council (ISPAC) ha catalogato le strategie dell’azione riparativa in un elenco di programmi di giustizia riparativa suddividendo tra programmi che privilegiano lo scambio comunicativo, programmi che coinvolgono la comunità e programmi che mirano alla riparazione materiale. Le forme più semplici consistono in una mediazione diretta autore-vittima agevolata da un terzo e nella riparazione realizzata col risarcimento e le restituzioni.

A cavallo tra gli anni ’80 e ’90 in Europa si avvertì la necessità di un riconoscimento delle pratiche di Giustizia riparativa in testi di legge principalmente per quanto concerne la Giustizia penale minorile. Così ad es. in Germania e in Spagna.

Il 15.09.1999 veniva approvata la Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. R19 del Comitato dei ministri degli Stati membri concernente la mediazione in materia penale.

Quali fonti europee e internazionali possono essere ricordate la Risoluzione ONU 12/2002, la Direttiva UE 29/2012 e la Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2018 di cui le ultime due sono richiamate nella Legge Delega 27.09.2021 n. 134. Si veda l’art. 42 lett. a) del decreto.

La Giustizia riparativa ha avuto una buona affermazione, non solo in campo minorile, in Belgio e Finlandia.

In Italia le esperienze consistenti nella giustizia minorile vennero disciplinate da protocolli locali, riferentesi all’art. 28 del processo penale minorile riguardante la cd. Messa in prova.

Il Dlvo n.274 del 2000 attribuì una funzione mediativa ai Giudici di Pace con riguardo alle loro competenze penali. Questa, però, ha avuto un esito negativo per il mancato investimento culturale da parte delle amministrazioni competenti e per i criteri di remunerazione tipo “cottimo” che non stimolavano la delicata attività di ascolto e mediazione necessaria al buon esito riparativo.  

Se è intuitivo che la Giustizia riparativa può collocarsi agevolmente nella fase dell’Esecuzione, è anche vero che essa può trovare spazio già all’inizio della procedura ove si colloca nel procedimento italiano il tentativo di conciliazione con remissione ed accettazione di querela, rispetto ai reati perseguibili a querela di parte.

In Italia, nel processo minorile, anche per i reati procedibili d’ufficio, l’esito positivo della Mediazione ha permesso di definire il procedimento penale attraverso l’applicazione dell’irrilevanza del fatto. L’esito positivo della Mediazione potrà sortire effetti analoghi per gli adulti tramite l’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto, ormai da anni introdotto per gli adulti.

Nel nostro ordinamento la Mediazione Penale ha trovato utilizzazione nel processo minorile nell’ambito della sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato. In questa fattispecie il controllo del Giudice terzo non permette impegni riparativi difettando le condizioni per procedere in tal senso. Anche l’estinzione del reato per condotte riparative previsto dall’art. 35 Dlvo 2000 n. 274 sulle competenze penali del Giudice di Pace avrebbe potuto ben utilizzare la Giustizia riparativa. Con la legge 28.04.2014 n. 67 è stata prevista la messa in prova per gli adulti. Ostacolata dalla mancanza di risorse degli uffici preposti, per ora ha utilizzato i lavori di pubblica utilità per alcuni tipi di reato, non spingendosi a contemplare una relazione con la vittima.

Fino ad ora non si è potuto realizzare quel coinvolgimento attivo della vittima e quel lavoro di approfondimento delle conseguenze del reato volto al tentativo di eliminare tali conseguenze o, almeno, di ridurle o di trovare una forma di riparazione che lenisca gli effetti negativi. L’esito positivo di un tale approccio può determinare un riequilibrio nelle relazioni. La Giustizia riparativa può riaccendere la luce sulla vittima che nel processo tradizionale resta in ombra, poiché il rapporto si svolge tra Stato e accusato, prima, e tra Stato e condannato dopo. Con la Giustizia riparativa la vittima può ridiventare attrice nella dinamica della ricostruzione dei rapporti che è molto di più del ruolo di Parte Offesa e Parte Costituita ai fini risarcitori nel processo tradizionale.

Ed un tal esito risponde certamente alla funzione dello Stato che deve indirizzare i cittadini ad una convivenza pacifica ed è conforme ai doveri inderogabili (della nostra  Repubblica) di solidarietà sociale di cui. all’art. 2 della Costituzione Italiana.

La riforma Cartabia, col decreto legislativo attuativo della legge delega 27.09.2021 n. 132, ha realizzato una disciplina organica della Giustizia riparativa, la quale, fondandosi sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro, rappresenta una vera rivoluzione, in contrapposizione alla Giustizia punitiva tradizionale.

Con la Giustizia riparativa si dà spazio ad una dialettica “tripolare” poiché nel processo entra in campo anche la vittima, per lungo tempo privata del ruolo di attrice autonoma e relegata al ruolo di parte/offesa/testimone e parte civile ai soli fini risarcitori.

Nella Giustizia tradizionale Accusatore è solo lo Stato, in persona del Pubblico Ministero. Si era ritenuto di non far partecipare la parte offesa al processo con un ruolo attivo autonomo, per garantismo nei confronti dell’accusato.

Solo se vi acconsentono liberamente, vittima e autore del reato possono partecipare, con l’aiuto di un terzo imparziale, alla risoluzione delle questioni che derivano dal reato.

La riforma pone la Giustizia riparativa come “parallela” e “complementare” e non come alternativa o sussidiaria  alla Giustizia tradizionale. Nella Giustizia riparativa il Giudice non si pone sopra al conflitto assolvendo o condannando, ma si pone dentro al conflitto per tentare di risolverlo attraverso un cammino finalizzato alla ricomposizione.

La Riforma Cartabia, dunque, introducendo una disciplina organica della Giustizia riparativa, cambia i paradigmi tradizionali del processo penale.

Nel processo minorile, ove si sono sviluppate fino ad oggi prassi in applicazione della Giustizia riparativa, quest’ultima entra nel sistema in forza di legge.

Il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità non è, comunque, a digiuno delle pratiche legate alla Giustizia Riparativa, per averle già sperimentate.

Le fonti sovranazionali hanno indicato la direzione.

Fin dal 1924 quando con la Convenzione di Ginevra veniva formulato il primo invito ad una funzione giurisdizionale volta ad emendare e riabilitare il minore deviante.

Nelle Regole Minime per l’Amministrazione della Giustizia minorile delle Nazioni Unite (1985), l’imputato minorenne era contemplato quale titolare di diritti e per riuscire allo scopo si spingeva verso misure diversificate e flessibili (es. mediazione penale).

Hanno spronato i legislatori nazionali a introdurre sistemi alternativi di risoluzione dei conflitti la Raccomandazione N. 20  - Risposte sociali alla delinquenza minorile  -  1987e la Raccomandazione N. 6 – Reazioni sociali alla delinquenza minorile tra i giovani migranti – 1988, entrambe adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.

Veniva ad evidenziarsi sempre di più che era necessario applicare ai minorenni soluzioni alternative alle procedure giudiziarie. Si veda l’art. 40/1 Convenzione sui diritti del fanciullo.

La Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori ha premuto per l’attuazione della mediazione.

A livello internazionale con l’ONU ed europeo con il Consiglio d’Europa sono stati dedicati alla Giustizia riparativa molti documenti fino all’adozione dello “Statuto” europeo delle vittime di reato ovvero la Direttiva 2012/29/UE recante Norme minime in materia di diritti assistenza e protezione delle vittime di reato approvata dal Parlamento Europeo.

Questa Direttiva ha introdotto per la prima volta in sede comunitaria la definizione di Giustizia riparativa.

Tornando ai documenti rivolti ai minori, nel 2010 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa redige le Linee guida per una giustizia a misura di minore, nel 2011 il Consiglio d’Europa stipula la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) che è, però, contraria all’utilizzo della Giustizia riparativa nei casi di violenze di genere per ragioni di protezione speciale delle vittime vulnerabili.

Ricordiamo la Direttiva 2016/800UE sulle Garanzie per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali e la Dichiarazione dei Ministri della Giustizia degli Stati membri del Consiglio d’Europa sul ruolo della Giustizia riparativa in materia penale in occasione della conferenza di Venezia dei Ministri della Giustizia del Consiglio d’Europa “Criminalità e Giustizia penale – il ruolo della Giustizia riparativa in Europa” svoltosi alla fine del 2021.

La Giustizia riparativa da noi in Italia ha avuto il suo spazio di “sperimentazione” nel processo minorile. Essa ha utilizzato l’”indagine psicologica” di cui all’art. 9 D.P.R. 448/88, con il coinvolgimento degli operatori degli uffici di mediazione, le “altre prescrizioni utili per la sua educazione” di cui all’art. 20 D.P.R. 448/88, la declaratoria di cui all’art. 27 D.P.R. 448/88, l’istituto della sospensione del processo con messa alla prova di cui all’art. 28 D.P.R. 448/1988.

Si passò attraverso la legge 23.06.2017 n. 103, il D.Lgs n. 121/2018 con il primo ordinamento penitenziario del settore minorile.

Vi fu il tentativo ripetuto di introdurre in modo organico nel processo minorile la Giustizia riparativa e, con essa, la Mediazione penale.

Si succedettero proposte e disegni di legge. Vasta è stata la possibilità di attingere dalla Giustizia riparatrice minorile negli altri Stati Europei (es. l’Irlanda del Nord) e non solo Europei.

La legge 27.09.2021 n. 134 reca Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di Giustizia riparativa e disposizione per la celere definizione dei procedimenti giudiziari.

Già dal titolo si comprende il grande spazio lasciato alla Giustizia riparativa. C’è stanziamento di risorse economiche per realizzarla (art.1 co19).

Quanto ai contenuti normativi pone sette criteri dedicati alla restorative justice per definirne i principi, gli strumenti e gli aspetti operativi.

Delineare nozione, principali programmi, criteri di accesso, garanzie, persone legittimate a partecipare, modalità di svolgimento dei programmi e valutazione dei suoi esiti nell’interesse della vittima e dell’autore del reato è richiesto dall’art.1 co.18 lett. a). Ed il compito è più agevole per il richiamo alle fonti di hard e soft law. Utile il rinvio alla direttiva 2012/29/UE e alla Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa del 03.10.2018 CM/Rec. (2018).

L’enunciazione dei programmi tracciano i contenuti del percorso riparativo. Nel decreto legislativo c’è spazio per attingere ai programmi già catalogati dall’ISPAC e alle esperienze delle varie parti del mondo (es. Nuova Zelanda). Si spera che i programmi individuati siano flessibili.

La legittimazione soggettiva a partecipare ai percorsi è più vasta nella Raccomandazione del 2018 rispetto alla Direttiva del 2012 che circoscriveva a vittima e autore di reato.

Qualcuno ha evidenziato che allargando la cerchia dei soggetti legittimati a partecipare al percorso riparativo si rischia di togliere centralità alla vittima.

Questo rischio, però, dovrebbe essere evitato dal fatto stesso che tutto il sistema della Riforma è improntato sulla centralità della vittima che non è più vista solo come “persona Offesa” o “danneggiata”, ma portatrice di tutte le conseguenze causate dal crimine. Ciò soprattutto nel processo minorile.

C’è la possibilità di intraprendere questo percorso anche per tutti i tipi di reato, anche quelli gravi (art.1 co.18 lett. c).

In ogni fase del processo. Consenso libero e informato. Adesione volontaria. Consenso ritrattabile in ogni momento.

Le garanzie (art.1 co 18 lett.c) assicurano l’effettività. Interne e d esterne. Le prime (volontarietà, equiprossimità e confidenzialità); le seconde (es. inutilizzabilità delle dichiarazioni rese nel processo penale e nella fase di esecuzione della pena).

Solo gli esiti positivi del percorso riparativo possono avere conseguenze nel processo e sulla fase esecutiva.

L’esito negativo deve essere comunicato in “modo asciutto”, senza spiegarne le ragioni.

Aumenta la procedibilità a querela. Più esteso ricorso alla sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto.

Partecipare, per il reo, non significa ammettere la propria colpevolezza.

Dal Documento finale del Tavolo 13 degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale emerge l’indispensabilità di centri composti da mediatori esperti iscritti in Albi adeguatamente formati.

Dalla Legge Delega emerge figura di “Mediatore Professionale”. Non viene menzionato il “Facilitatore”.

I Servizi dovrebbero aver sede in ogni Distretto ed essere Pubblici, legati al Ministero della Giustizia.

La Giustizia riparativa non deve degenerare in sistema “indulgenziale”.

La Riforma Cartabia, in conclusione, ripone molte aspettative sulla Giustizia riparativa, quale binario complementare e parallelo alla Giustizia tradizionale.

Saranno le “persone”, all’adesione che esse daranno a questo progetto di cambiamento a determinarne la riuscita più o meno soddisfacente o a determinarne l’insuccesso.

Come si sa da sempre: “Le idee camminano sulle gambe degli uomini”.

Bruna Bruni

Contributo alla Tavola Rotonda “organizzata da Auribus” sul tema “Per una giustizia ri-generativa e di pace” svoltosi il 18.11.2022 a Roma presso la Fondazione Primoli, in qualità di Presidente di Aiaf Piemonte e Valle d’Aosta Antonio Dionisio

                                                                                                   

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