Patti avvocato – cliente sul compenso: il problema della forma scritta

La Cassazione civile (ord. N. 15563 del 16 maggio 2022) si è recentemente occupata di una problematica che interessa sia avvocati che clienti ovvero del problema se l’accordo sulla quantificazione del compenso possa dirsi concluso per effetto della proposta dell’avvocato -contenuta in una mail-, seguita da semplice prosecuzione dell’incarico professionale da parte sia del cliente sia del difensore.

Dal punto di vista normativo, due sono i riferimenti normativi che assumono rilievo in un caso del genere. Da un lato, l’art 2233, co 3 c.c. (come risultante dalla modifica introdotta dal D.L. 223 del 2006, art 2, co 2 bis conv con modifiche nella L. 248/ 2006) il quale prevede che "sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali"; dall’altro lato, la L. n. 247 del 2012, che ha previsto l’art. 13, comma 2, alla cui stregua "il compenso spettante al professionista è pattuito di regola per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale".

Sul punto, la citata pronuncia rileva che “si deve dare continuità a un recente precedente di questa Corte, nella cui motivazione si legge che l'art. 2233 c.c., "non può ritenersi implicitamente abrogat(o) dalla L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 2: tale norma stabilisce che il compenso spettante al professionista sia pattuito di regola per iscritto. Infatti, secondo l'interpretazione preferibile, la novità legislativa ha lasciato impregiudicata la prescrizione contenuta nell'art. 2233 c.c., comma 3. In base a questa interpretazione, la norma sopravvenuta non si riferisce alla forma del patto, ma al momento in cui stipularlo: essa, cioè, stabilisce che il patto deve essere stipulato all'atto del conferimento dell'incarico (cfr. Cass. n. 11597/2015). Si osserva che se il legislatore avesse realmente voluto far venir meno il requisito della forma scritta per simili pattuizioni, è ragionevole ritenere che avrebbe provveduto ad abrogare esplicitamente la previsione contenuta nell'art. 2233 c.c., comma 3, il quale commina espressamente la sanzione della nullità per quei patti che siano privi del requisito formale ivi prescritto" (Cass., n. 24213/2021)”.

Pertanto, anche a voler ritenere che la proposta sia da identificarsi nella mail inviata dall’Avvocato (dotata, in quanto tale, della dovuta forma scritta), mancherebbe comunque l’accettazione nella medesima forma laddove non sia dato evincere la formazione del consenso sul preventivo (rectius: l’accettazione da parte del cliente).

Questa situazione cosa può comportare?

In mancanza di un previo accordo (scritto) sul compenso, laddove il rapporto dovesse incrinarsi, ciascuna delle parti avrebbe buon gioco per assumere un atteggiamento poco consono.

Per esempio, pur a fronte di un previo preventivo adottato sotto i minimi tariffari (favorevole, dunque, al cliente), il professionista potrebbe annullare le precedenti notule e presentarne di nuove entro i minimi tariffari ma più sfavorevoli al cliente.

Si può ritenere, allora, che la regola della forma scritta, anche per il conferimento di incarico professionale al proprio legale e, in particolare, con riguardo all’aspetto del compenso, costituisce una tutela sia per il professionista sia anche per il cliente.

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